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Roma

Carlo Verdone: Qua pare Kabul…

Carlo Verdone ama Roma, è noto ed è poco discutibile. E anche per questo che le parole di denuncia dette dall’attore e regista romano, in una intervista per Il Giornale, pesano il doppio. “É un vero disastro! Adesso, non ti chiedo il marmo, o l’oro. Ma un po’ di catrame sì. Almeno per salvare quello che resta. Amo profondamente questa città magnifica. Che adesso, però, è zozza, trascurata, piena di buche. Dove si muore, o ci si fa molto male. Io ne so qualcosa”, dice. Perché “Io sono finito dentro le buche due volte. Con tutta la moto. Per fortuna i miei polsi, tenendo saldamente il manubrio, hanno impedito il peggio. Più passa il tempo, più le voragini s’allargano. Qua pare Kabul… La prima volta, era il ’95, mi sono rotto la schiena. Dolori enormi, pensavo fosse l’ernia. E invece, era la frattura che si risaldava. Mi sono dovuto operare. Un tipo, per passare con la sua Mercedes, aveva tolto le fiaccole che segnalavano il pericolo. Sapevo dei lavori in corso: al mattino, gli operai scavavano. Poi, rientro a notte fonda e non c’é più segnalato nulla. Anvedi che bravi!, penso, hanno già finito il lavoro. E mi ritrovo dentro il fosso, con la moto su di me e la colonna vertebrale fratturata”.

Dalla grande bellezza alla grande monnezza

“La domenica mattina, Roma è un cimitero di bottiglie e sporcizia. I giovani bevono e ne lasciano migliaia a terra. Se vai a Campo de’ Fiori, al Pantheon, o a Piazza Navona, non c’è un residente che non si lamenti del rumore, delle risse, del caos. La gente scappa. E i turisti si adeguano: a Parigi, mai farebbero il bagno nelle fontane. A Roma, sì. E poi, il Tevere sembra il Mekong. Di notte, le sue rive si riempiono di gente vociante. Se passi a Via del Corso, pare la Praga del 1973: poco illuminata, serrande chiuse, luci basse”, racconta Verdone. E poi: “Se continua così, il problema non saranno più le buche, o le voragini gonfie d’acqua. Le consolari, per esempio, sono un inferno. Di recente, ho ripensato alla prima scena di Roma, il film di Fellini: gigantesco ingorgo sul Grande Raccordo Anulare, maxi-tamponamento e diluvio. Ho vissuto la stessa angoscia. Ma mentre la grandezza di Fellini rendeva la romanità poetica e simpatica, qua di simpatico è rimasto poco. Ma porca miseria! Con tutte le tasse che paghiamo, dove finiscono i soldi per la città? Ci sono troppi soldi buttati, o regalati agli amici degli amici. Meno eventi frivoli e più servizi essenziali per i cittadini. Più attenzione alla loro salute. Quando mio zio, negli Ottanta, fu ricoverato al San Giacomo, già c’era il piano dei motociclisti. L’80% dei motociclisti romani è caduto nelle buche. Siamo allo sfascio”.

Per non parlare della cultura a Roma. “Certamente. Ogni giorno, un cinema chiude. Abbiamo perso l’Etoile, il Corso, il Metropolitan, il Roma… Chiudono i teatri. Chiudono i templi della cultura. Il grande Tombolini, l’unico che vende libri rari, è in difficoltà. Vedo negozi rassegnati ai souvenirs, alle t-shirt, all’elmo dell’antico romano, alla maglietta di Totti”.

Secondo Verdone “bisogna riempire le buche. Ma non con materiale di risulta, bensì con del vero catrame. Non oso pensare come stanno, adesso, le periferie. Ma certo, l’idea degli allagamenti a Via del Corso è insostenibile. E poi, occorre un’illuminazione migliore. Le strade sono buie. Roma è una città buia. Penso a Cesare Augusto, quando disse: “M’avete dato una città di pietre, io ve la restituisco in marmo”. Io dico: dateci una manciata di catrame. Il catrame ci salverà”.

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