“Boccio 7 studenti su 10, e non me ne pento”. Questa la risposta di Sandra Lo Schiavo, all’accusa di essere la professoressa più stronza d’Italia. “Ritengo di essere un dipendente pubblico che prova a fare bene il proprio dovere. Preferisco essere odiata che mandare sul mercato del lavoro gente impreparata”. Lei, 56 anni, docente di Chimica generale e inorganica nel corso di Biologia marina dell’Università di Messina è, secondo i suoi studenti, la prof più “severa”: all’ultima sessione di esami il 70% di respinti, la maggior parte all’ennesimo tentativo. La mitologia studentesca narra di un ragazzo che si è presentato 43 volte all’esame di Chimica e per 43 volte è stato rispedito a casa. Ripetere quel benedetto esame per almeno una dozzina di volte sarebbe invece quasi una prassi. Materia impossibile, un Cerbero a stroncare le ambizioni.
La prof nega, ma conferma a Riccardo Bruno l’impreparazione dei suoi studenti. “Il 60/70 per cento si siede al pre-esame, dieci domande scritte su tutto il programma prima dell’orale, tanto per provarci. Le potrei far vedere i compiti, li conservo tutti. Roba da mettersi le mani ai capelli”, dice. Poi rincara la dose: “Escono dalle Superiori totalmente impreparati. All’inizio del corso mi tocca spiegare anche i concetti più elementari. Per carità, molti sono anche in gamba, ragazzi intelligenti che però non sanno studiare”. Comunque, è vero: su dieci all’ultimo appello soltanto tre si sono guadagnati l’accesso all’orale. “Non è cattiveria, ma non si può promuovere chi non conosce la nomenclatura, o un’equazione chimica. Come possono pretendere di diventare biologi marini? Come faranno a capire che cosa avviene negli oceani? Preferisco essere odiata che mandare sul mercato del lavoro gente impreparata”, puntualizza la prof Lo Schiavo.
Non si ritiene un’aliena: “Ritengo di essere un dipendente pubblico che prova a fare bene il proprio dovere, faccio ricerca da sola, non ho un gruppo che possa aiutarmi a fare carriera. Sono ancora professore associato, solo l’anno scorso ho avuto un aiuto da un dottorando indiano”. Solo che non sopporta il degrado dell’istruzione. “Una volta l’Università era un’industria culturale. Soprattutto qui al Sud, se si rinuncia a una preparazione adeguata che cosa rimane a un laureato?”.