Di Emanuela Sansone – La mafia a Roma, questa parola non si sentiva dai tempi della banda della Magliana, e invece stamattina sono tornati i fantasmi degli anni ’80 e del periodo nero della capitale. All’alba è scattata infatti la maxi operazione per “associazione di stampo mafioso” con 37 arresti, di cui 8 ai domiciliari, e sequestri di beni per 200 milioni. Un “ramificato sistema corruttivo” in vista dell’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici dal comune di Roma e dalle aziende municipalizzate e interessi nella gestione dei centri di accoglienza è quanto emerso dalle indagini del Ros che ha portato alle misure restrittive.
Gli indagati sono 39 in tutto e sono accusati di vari reati: associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio e altri reati. Insomma una vera e propria “cambogia” che avrà forti ripercussioni sugli equilibri delle forze politiche e istituzionali. A capo dell’organizzazione mafiosa, secondo gli investigatori, l’ex terrorista dei Nar, Massimo Carminati, conosciuto da tutti come “il nero” della banda della Magliana.
Sono in corso varie operazioni delle forze dell’ordine, i carabinieri alla Pisana stanno effettuando delle perquisizioni negli uffici di alcuni consiglieri regionali. Altre operazioni sono in corso presso altre amministrazioni a Roma. Fra gli indagati c’è l’ex sindaco della città Alemanno, la sua abitazione è stata perquisita. Tra gli arrestati anche l’ex ad dell’Ente Eur, Riccardo Mancini. Alla Regione in particolare i militari stanno perquisendo gli uffici del consigliere regionale Pd Eugenio Patanè e di quello Pdl Luca Gramazio, e in Campidoglio negli uffici del presidente dell’Assemblea capitolina Mirko Coratti.
E’ un’operazione senza precedenti, coordinata da tre pubblici ministeri – Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini – sotto la supervisione del procuratore capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone ha infatti smantellato un’organizzazione che racchiude almeno dieci anni di malavita. L’indagine ribattezzata “Terra di mezzo” nasce nel 2010 da un’intuizione investigativa di Pietro Saviotti, compianto procuratore aggiunto, che affidò l’indagine ai Ros.
Dopo quattro anni di indagini per i delinquenti è arrivata la fine. Le perquisizioni scattate all’alba hanno riguardato boss della malavita, come esponenti di noti clan di Ostia, e politici di elevato spessore a Roma. Politici che hanno governato questa città e che di certo non potevano non sapere cosa succedeva sotto il loro naso. Per questo che il reato ipotizzato nei confronti degli arrestati è il 416 bis, l’associazione a delinquere di stampo mafioso. A Roma si è sempre negato che ci fosse la mafia, e nessuno è mai stato condannato per reati di stampo mafioso, forse stavolta è la volta buona.