Di Luigi Einaudi – Già i padri costituenti, quando scrissero la Costituzione Italiana nel 1947, si erano premuniti. In nessun passo della carta costituzionale c’è scritto che il Presidente della Repubblica deve rappresentare il popolo italiano. E la realtà è proprio questa, che il capo dello stato dev’essere un politicante navigato, gradito ai poteri forti, votato a scrutinio segreto, e che la sua elezione è la più alta rappresentazione di quei famosi inciuci di palazzo che in Italia chiamiamo politica.
E infatti anche questa volta, per il dodicesimo Presidente della Repubblica, verrà eletto qualcuno che col popolo non c’entra niente, che si è fatto sempre gli affari suoi, e che la maggior parte delle generazioni giovani non ha mai sentito nominare: Sergio Mattarella. Un siciliano che va per i 74 anni e che ha fatto parte del sottofondo politico delle ultime repubbliche. Va bene che per la stessa costituzione il “pdr” deve avere più di 50 anni, ma nelle ultime elezioni i politici di turno si sono impegnati per far salire al Quirinale vecchiardi fuori da qualsiasi contemporaneità. Scalfaro aveva anche lui 74 anni, Ciampi 79 anni, Napolitano prima 81 anni, poi addirittura 88.
Insomma “il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità nazionale”, così dice la Costituzione, ma non rappresenta l’Italia. O forse ci sbagliamo, forse rappresenta più l’Italia di qualsiasi altra cosa. Un paese vecchio, composto da anziani politicanti attaccati alle poltrone, un paese pieno di impicci dal parlamento in giù, che non fa altro che vivere di rendita dal passato glorioso. E’ forse in questa chiave che va letta l’ennesima triste elezione del Presidente della Repubblica, così spinta dai media nazionali, ma in fin dei conti un atto politico che in nessun modo tocca i cittadini, nè nella scelta nè nel risultato. Diciamolo, al “pdr” non interessa niente dei cittadini, non li tocca neanche, in pochissimi casi può cambiare il destino degli italiani. Per il resto è una funzione di facciata, molto ufficiale e poco umana, che parla solo con chi lo elegge, e cioè i politici.
Forse l’unica cosa che fa il Presidente della Repubblica per i cittadini è il terribile discorso di fine anno che ogni anno ci propinano banalmente e che non fanno altro che fare rabbia a milioni di italiani, che sentono questo vecchio raccomandato che parla di diritti e di lavoro mentre migliaia di camerieri gli puliscono anche le unghie, camerieri pagati da noi dentro un palazzo che sembra la reggia di Versailles. Dopo Napolitano insomma toccherà a Mattarella, sancendo il ritorno ufficiale della vecchia Democrazia Cristiana, d’altra parte che Renzi strizzasse gli occhi al passato andreottiano dell’Italia si era già capito, adesso è ufficiale. “Mattarella e’ l’unico nome del Pd”, l’unico che matematicamente ha una possibilità di vincere.
Ex Dc, deputato dal 1983 al 2008, passato anche per il PPI e la Margherita di Rutelli, da qualche anno Mattarella è giudice della Corte Costituzionale, uno dei cinque eletti dal Parlamento. Uno già caro ai poteri forti di tutti gli schieramenti quindi, uno che ha avuto nella sua storia il coraggio di ribellarsi ad Andreotti, e che è stato sfiorato da Tangentopoli, accusato e poi assolto. Fu ministro nel governo De Mita, vicepremier di D’Alema, ministro anche negli altri governi D’Alema, autore del famoso Mattarellum elettorale. Il padre era un deputato della DC, il fratello fu assassinato dalla Mafia. Insomma, uno che con la politica ha avuto la sua lunga storia d’amore, una storia d’amore che nei prossimi 7 anni potrebbe arrivare al suo pathos massimo.