Di Giulio Terzaghi – “E’ una bellezza nascosta quella di Milano, devi un po’ fare fatica”. Inizia così il servizio del New York Times intitolato “36 ore a Milano”. Voleva essere un servizio che raccontava la bellezza di Milano, e alla fine ne è uscita una beffa per la città meneghina, che suona come canzonatoria per tutti i milanesi.
Il New York Times ha una rubrica di viaggi, che si chiama “36 hours”, 36 ore in cui descrive le città del mondo visitandole per un weekend. Di città in 36 ore il NYT ne ha recensite a bizzeffe, da Dublino a Napoli, da Città del Messico a Mosca. Tutte con molta accuratezza e un pizzico di ironia. Di Milano il “Times” fa un’analisi diversa, forse pensava di trovare cose che poi non ha trovato, fatto sta che le 36 ore si sono trasformate in un viaggio senza cultura, in un’eterna marchetta di posti leccatissimi, improbabili e poco rappresentativi. Non rendendo onore a quanto di bello c’è nel capoluogo lombardo, e anzi quasi deridendolo.
Nel servizio l’autore descrive Milano come “bellissima”, ma subito dopo ricorda che è una città che “non si svela al primo sguardo”. Epiteta Milano come “la più internazionale delle città italiane”, e il motivo sembra proprio perchè non c’è niente di storico da vedere. Il motivo è anche che Milano agli americani sembra proprio una qualsiasi citta’ europea, ha il clima dell’Europa continentale, due monumenti per puzza e molti locali commerciali.
E infatti le 36 ore milanesi di Ingrid Williams, l’autrice del pezzo, non sono altro che un giro per negozi e posti per fare l’aperitivo, proverbialmente l’unica cosa decente di Milano. “Aperitivo is a sacred rite in Milan”, dice la scrittrice, proprio perchè di sacro c’è poco altro. Racconta “l’ape” con una marchetta gigante del noto locale “Ceresio 7”, il roof garden con le piscine, per poi spingere la cena da Carlo Cracco e un drink alle “Fonderie Milanesi”. Questo il venerdì.
Per il sabato è prevista una visita alle Gallerie d’Italia, che il giornale definisce “uno spazio espositivo delle opere dell’Intesa San Paolo”. Facendo ironia sulle banche italiane che, oltre a investire nell’Euro, investono anche sui quadri. Poi consiglia la “Cascina Cuccagna, una casa colonica abbandonata del 17esimo secolo”, non altro che un rudere che assomiglia a quelli abbandonati di Saxa Rubra dove vivono i senzatetto. Infine suggerisce “un giro tra chiese spesso trascurate”, prima di chiudere la domenica con le mostre di Palazzo Reale, che cerca di salvare sperando nella mostra di Leonardo da Vinci che inizierà ad aprile. Strano che la buona Ingrid non abbia terminato con “la cosa piu’ bella di Milano e’ l’aereo che ti riporta a New York”.