Di Roberto Farinacci – Non è un manifesto politico, e neanche “apologia del fascismo”, e’ solo un modo per ricordare una tradizione rispettabile, durante un periodo meno rispettabile, che oggi si è persa e che sarebbe il momento giusto per riprendere.
Provare a riproporre un’usanza del ventennio fascista non è facile, e qualsiasi politico che provasse solo a nominarla verrebbe linciato. Ma va dato a Cesare quel che è di Cesare. La Befana fascista era molto meglio di quella attuale. Era un’usanza splendida, che aveva solo l’Italia e che poteva funzionare solo in un periodo in cui la gente era più vicina. Durante il ventennio il 6 gennaio al posto dei dolci nelle calze, tutta l’Italia raccoglieva doni in natura e denaro in favore dei bambini delle famiglie povere.
In pratica invece di spendere soldi in schifezze industriali da scambiarsi ingrassando inutilmente dopo le abbuffate di Natale, si faceva beneficenza tutti insieme per donare il maggior numero possibile di beni e di soldi alle classi meno abbienti. Commercianti, industriali e agricoltori raccoglievano ogni tipo di bene per donarlo ai poveri, il tutto coordinato da organizzazioni fasciste di giovani donne.
La prima Befana fascista fu il 6 gennaio del 1928, l’usanza tra il popolo e tra il partito di donare beni ai più poveri c’era già. Turati, fu lui l’ideatore di quest’usanza, non fece altro che ufficializzare un’iniziativa spontanea che già era diffusa. La prima befana fu un successo strabiliante e per questo fu ripetuta negli anni successivi. Due anni dopo, nel 1930, furono raccolti in tutta Italia ben 600mila pacchi, nel 1932 un milione e 300 mila.
Ed era una festa sentita dagli italiani di tutto il mondo. In Argentina fu organizzata una “Befana fascista ante litteram” organizzata a Buenos Aires dalla sezione argentina dell’Associazione Lavoratori Fascisti all’Estero, che il 6 gennaio 1927 vide una grande partecipazione di emigrati italiani, con la distribuzione di 1.500 doni. Dal 1934, dopo la caduta in disgrazia di Turati, la Befana fascista divenne Befana del Duce. La nobile usanza venne rispettata anche durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Nonostante il nome non suoni molto bene, sicuramente la Befana fascista era una festa più bella delle nostre banalissime e superconsumiste calze piene di dolci.