Di Bruno Cortona – Prima di cominciare a leggere “Ali di piombo”, lo ammettiamo, eravamo prevenuti. Il figlio di un calciatore famoso che si mette a scrivere un libro ci suonava strano, ci aspettavamo il classico libretto scritto dal figlio di papà di turno che racconta la sua vita agiata come se fosse la più problematica del mondo.
Già dopo aver conosciuto Gabriele Orsi, figlio Fernando, storico portiere di Parma, Lazio e Arezzo, qualcosa non ci quadrava. Un ragazzo profondo già dal primo sguardo, umile e interessante. Caratteristiche che poi abbiamo riscontrato tutte dentro al suo romanzo.
Già dalle prime pagine infatti nel libro si coglie una profondità interiore in chi scrive, che lo rende il testo non il solito romanzello post-adolescenziale che racconta di qualche scopata e due risse ma un’opera introspettiva e catartica, il che potrebbe portare velocemente il testo a essere catalogato come “mattone”. E invece per citare Verdone in Gallo Cedrone “score”, il libro “score” che è una meraviglia, te lo mangi anche in una sola serata.
Ali di piombo racconta in maniera frizzante e semplice di alcune delle difficoltà della nostra generazione: l’anoressia, la droga, l’apatia sociale, l’amore. Ma non lo fa retoricamente, né con l’ambizione di insegnare qualcosa a qualcuno né di essere una lunga pubblicità progresso. Nel libro Mattia, universitario di Roma nord intrappolato in dinamiche sociali che non gli piacciono, si trova in mezzo a due fuochi femminili: Bianca, travolgente e pericolosa, e Lara, criptica e problematica. Il tutto mentre Mattia lotta la sua battaglia quotidiana contro la noia, una noia trasmessa da un ambiente e una famiglia borghese troppo potenti. Lo sfondo è Roma, in particolare Roma nord, che spesso diventa la protagonista.
Il romanzo, nonostante sia quasi un testo di formazione, scorre e ti arricchisce soprattutto se sei coetaneo o vicino di età allo scrittore. Offre vari spunti di riflessione in mezzo a una trama accesa, vivace e a tratti divertente nonostante lo sfondo realisticamente cupo. Ci sono anche gli spunti onirici, come l’improbabile poeta incontrato durante una serata in un locale, e gli spunti geniali come gli articoli del codice civile e penale riferiti ai fatti che si raccontano (Mattia è uno studente di giurisprudenza).
Insomma, Ali di piombo spicca proprio per l’originalità, per il non avere grandi pretese ma grandi risultati, per il non essere autoreferenziale e per il non essere troppo “Roma nord”. Volevamo essere spietati e invece è uscita una semi-sviolinata, ma sincera perché Gabriele Orsi con “Ali di piombo” poteva scrivere la brutta copia di Moccia o ambire a essere il nuovo Fabio Volo, e invece ha creato una cosa tutta sua, scritta molto bene stilisticamente e piena di spunti meditativi. Chiudersi per mesi a scrivere un libro, al giorno d’oggi e a Roma nord è difficile, scrivere un bel libro lo è ancora di più. Buona la prima per un autore giovane che fa bene alla nostra generazione, a Roma e soprattutto a chi lo legge.