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La settembrite

Di Bruno Cortona – Settembre, un apostrofo d’oro tra le parole “tacci tua”. Ebbene si, dopo un agosto eterno come sempre, dopo check-in online, pesce a Fregene, concerti serali, Caipiroske, mocassini, creme protezione 50, racchettoni, dopo l’estate è tornata la normalità. La normalità banale, monotona, noiosa, che ha bisogno dell’alcol per regalare emozioni.

E la normalità ha un nome: settembre. “Ne riparliamo a settembre”, “ci rivediamo a settembre”, “vediamo a settembre”, dopo che il mondo si ferma come in preda a una crisi nucleare (esempio non appropriato), a settembre ricomincia tutto: lavori, amori, esami, cene delle elementari, palestra, traffico.

E allora ti viene lo sconforto, già da quando rientri nel raccordo dopo il viaggio. Tutto ti sembra brutto, già visto, opaco, decadente. Sei nervoso, agitato, depresso, e la sindrome è proprio la presa a male che ti prende quando torni magari da un posto esotico, o da una splendida località balneare italiana, dove ti eri già abituato ai ritmi, a scoprire cose nuove, al fatto che l’impegno quotidiano più grande che avevi era contare i punti a Burraco. Ecco, quella sindrome è la settembrite.

La settembrite è una repulsione per la normalità: ti stanno tutti sul cazzo, da tua madre al portiere di condominio, dalla cassiera del supermercato ai tuoi amici. Praticamente quello che hanno i misogini tutto l’anno. La settembrite ti colpisce e non ti lascia, la tua vita ti fa schifo, ti fa venire voglia di lasciare tutto: il lavoro, la ragazza, la casa, il paese. Andare ad aprire “un chioschetto a Santo Domingo”.

I sintomi più frequenti, oltre alla ripugnanza per tutto, sono la voglia di mantenere l’abbronzatura, al punto che vedi gente prendere il sole nei balconi degli uffici nelle pause pranzo. Oppure andare ogni giorno sui siti delle compagnie aeree per vedere qualche volo da prendere non oltre Halloween, ti basta anche un weekend a Riccione. Per poi non parlare delle “svolte settembrine”, che poi puntualmente durano meno di una settimana, dalla dieta, al decidere di leggere prima di andare a dormire, al non usare più il cellulare.

La conseguenza più tangibile della settembrite però la vedi la sera, tutti vogliono andare sempre a cena fuori, solo ristoranti, vogliono fare “la vita di Gianluca Vacchi”. Questa ce l’hanno soprattutto le ragazze, non capendo che il fidanzato non è neanche il filippino di Gianluca Vacchi, soprattutto ora che non ha manco gli occhi per piangere dopo l’estate. E poi a settembre bevono tutti, più di prima, bevono per dimenticare, dimenticare di essere stati in vacanza.

Insomma, mentre lavori apri il cellulare per rivedere le foto dell’estate, vai allo specchio ogni 20 minuti per controllare l’abbronzatura e ti senti bianco come un cadavere estratto dall’acqua, può capitare anche che scrivi ai tedeschi conosciuti in vacanza in preda a una crisi di nostalgia (cosa di cui ti penti dopo 1 minuto per averli invitati a Roma ospiti da te). E inizi a fare discorsi tipo: “Lo sai che una coppia di svedesi la pagano per fare il giro del mondo e fare foto nei resort?”, e ti viene puntualmente risposto: “Si, peccato che lui è Thor e lei è 90-60-90”.

La settembrite è una brutta bestia, a Roma ci sono più giovani colpiti dalla settembrite che lavoratori, perché se lavori ti prende a male ricominciare a lavorare, se non lavori ti prende a male perché ritorni nella tua condizione di disoccupato.

Settembre è un contrappasso, più hai passato una bella estate e più settembre ti punisce. Una specie di “gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi”, chi ha girato un mese per l’Indonesia sta una merda, chi ha fatto una settimana a Torvaianica è sereno. Un giudizio universale.

Il rimedio? Nonostante le più importanti università del mondo stiano cercando una soluzione, ancora gli studi sono in fase embrionale. Per ora la soluzione più efficace è quella che Gigi Proietti propone al celebre Manzotin quando gli dice: “non te la pijà, e se proprio te la vuoi pijà, pijatela nder culo!”.

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