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Avere 30 anni a Roma

Di Francesco Cianfarani – “Vorrei svegliarmi e avere 30 anni, per vedere che ne sara’ di noi…”. Anno 2006, un film che non ha scandito la storia delle cinematografia ma sicuramente la giovinezza di molti che in quegli anni erano in aria di maturità. Tre amici romani che vanno a Santorini subito dopo l’orale, liberi, giovani, spensierati, leggeri. Le uniche preoccupazioni erano il voto all’esame, la meta del viaggio o, al massimo, rincorrere la ragazza del momento.

Quando ho visto quel film i 30 anni sembravano lontanissimi, prima c’erano i 20, poi i 25, il Club 27 e alla fine, forse, i 30. E invece sembra passato un weekend e ora per i 18enni sono un vecchio, per i 40enni sono un giovane e per i 60enni un ragazzo. I 30 sono arrivati.

I 30 che via Libetta e’ da ragazzini e il Duke e’ da quarantenni. I 30 che a Ponte Milvio è rimasto solo il Jarro e che Campo de’ Fiori e Trastevere il weekend sono infrequentabili. I 30 che Jinja e tutti gli altri all you can eat sono da pischelli: ormai solo Hamasei o Zuma. I 30 che il fine settimana “mi devo riposare”. I 30 che al Futbol Club devi arrivare 20 minuti prima per riscaldarti sennò ti partono le ginocchia. I 30 che a novembre il venerdì sera Lungotevere preferisci fartelo in macchina e metterci un’ora, perché se becchi il freddo in motorino stai male una settimana.

Sembrava ieri che dovevamo scegliere cosa fare all’università, e adesso già pensiamo alla pensione che non ci arriverà. Dai 18 ai 30 e’ un attimo, ma anche una vita, anzi tante vite, ognuna con le sue persone, i suoi luoghi, le abitudini, l’aspetto, le ideologie.

E sono tante le differenze a 12 anni di distanza, differenze che non cogli vivendo tutti i giorni ma basta rivedere qualche foto del 2008 su Facebook o qualche stato su Msn per rendersene conto. A 18 anni votavi Pannella, adesso Renzi o Berlusconi. A 18 anni la tua pancia assomigliava a quella dei calciatori, adesso a quella dei presidenti. I tuoi capelli erano alla Jim Morrison, adesso sono alla Pavarotti. A 18 anni ascoltavi Gigi Dag, a 30 anni l’ascolti ancora ma solo “per ricordo”. A 18 anni i tuoi amici partivano per l’anno sabbatico a imparare l’inglese, adesso partono per il viaggio di nozze. Gli stessi amici a cui nascevano i fratelli piccoli e a cui adesso nascono i figli.

E anche se ormai, quando fai serata, non ti fermi più a mangiare il panino dallo zozzo di notte perché non lo digerisci e quando bevi, il giorno dopo, non stai più fresco alle 10 di mattina ma le tue capacità cerebrali sono limitate almeno fino all’ora di cena. In fondo avere 30 anni a Roma e’ una ficata, è un po’ come un’adolescenza prolungata ma tutti ti rispettano di più, a piazza Giochi non ti fermano le guardie, nei negozi di via del Corso non ti scambiano per un ragazzino che ha fatto sega, i tuoi ti danno casa a Porto Ercole senza farti il terzo grado. Ma puoi ancora giocare alla Play, fumare erba e ascoltare canzoni stupide. Poi se ti fai stirare le cose dalla colf di tua madre è un sogno.

E se ti mancano “gli anni d’oro” basta un po’ di fantasia, basta pensare che i tuoi amici che sono andati a lavorare a Innsbruck siano in Erasmus in Spagna; mentre sei sulla Smart nel traffico da casa all’ufficio, in ritardo, immaginarti in Aixam falsificando la giustificazione; quando vai in settimana bianca a coppie vivertela come i 100 giorni oppure quando vai a Milano per lavoro sognarti che il Freccia Rossa è il treno Amsterdam-Copenaghen in Inter Rail.

Insomma, che ne è stato di noi? Non lo sappiamo, sappiamo solo che a 40 anni diremo quanto era fico averne 30.

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