Alberto Angela ha finalmente sfatato un mito che è l’essenza stessa di Roma: da bambini, infatti, la maestra dedicava sempre una lezione alla controversissima figura di Nerone, tentando quanto più possibile di censurare le parti hard o horror.
La sua fama di heartbreaker e di campione atletico veniva infatti trascurata per parlare solo della sua carriera di poeta e musico a cui credeva solo lui (tanto che i cittadini romani erano obbligati ad assistere alle sue esibizioni, pena punizioni col fuoco), ma soprattutto degli eventi sfigati che avvennero durante il suo regno.
Ovviamente quello per cui passò alla storia fu l’incendio del 64 d.C. perché di Roma fu fatta tabula rasa: nove giorni di agonia di Roma, 14 distretti danneggiati e 3 completamente distrutti. E Nerone? Ah lui nel frattempo secondo le leggende più fantasiose suonava la sua lira indisturbato.
E se sembrava ormai un capitolo chiuso, Alberto Angela nel suo nuovo libro L’inferno di Roma ha portato Nerone di nuovo al centro della discussione; grazie a studi approfonditi di dati archeologici e fonti rarissime che non lo hanno fatto dormire di notte, ci ha infatti regalato una biografia che si basa su questo principio: “Ho cercato di essere il più aderente alla realtà, ma non è stato facile con un personaggio come Nerone che da sempre ha polarizzato molto l’attenzione su di sé ed è sempre stato dipinto come negativo”.
E parlando di Nerone più nella veste di Boy Emperor che si trova a 17 anni a dover governare la potenza più influente dell’epoca con tutti i suoi timori e inesperienze che dell’imperatore dannato che distrusse Roma fisicamente e moralmente, arriva a fare una rivelazione rivoluzionaria: “Lui colpevole dell’incendio di Roma? È una fake news del passato, perché in quei giorni stava ad Anzio. Le fiamme scoppiarono in una delle arcate, io ho immaginato a causa della caduta di una lucerna ma non sappiamo cosa sia accaduto davvero”.
E spostandosi terra terra, continua raccontando quelle che dovevano essere le file chilometriche per i weekend romani ad Ostia: “Come quelli antichi, ancora oggi i romani stanno al mare. Nulla, o quasi, è cambiato”.