Il Jackie O’ è una di quelle cose che ti fanno sentire sempre giovane. Una di quelle icone che rimangono immutate nel tempo e un po’ il tempo lo fermano. Come i monumenti, i personaggi immortali come la Regina Elisabetta fino a qualche giorno fa, come i templi tipo il Jackie O’.
Alain Delon, Andy Warhol, Helmut Berger, Gianni Agnelli, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Paolo Villaggio, Franco Califano. Solo alcuni dei nomi che hanno frequentato il locale. Se la storia diurna d’Italia si faceva in Parlamento, nei consigli d’amministrazione e sui set cinematografici, quella notturna al Jackie O’.
Nato nel 1972 dalla mente di Gilberto Iannozzi, rendendo omaggio a Jacqueline Onassis vedova Kennedy. Sono passati 50 anni, Roma è cambiata, prima c’era la Dolce Vita adesso c’è la spazzatura per strada. Ma il “Jackie” è sempre lì, sempre uguale, sempre attuale, sempre sul pezzo, sempre mondano.
Roma deve ringraziare il Jackie O’ perché le ricorda chi è, le ricorda che Roma ha la potenzialità di attrarre tutto il jet set internazionale, dai divi di Hollywood ai regnanti, dagli industriali agli artisti. Un talento sprecato da 30 anni a questa parte.
Il Jackie O’, cinquant’anni fa, nacque come ristorante e discoteca, è ancora così. E anche il menu è ancora molto simile, ci sono ancora la crepes suzette, il vitello tonnato, il riso al salto, i fruttini. Fedele al suo spirito. Tanti auguri al “Jackie”, una chiesa della notte romana, un tempio di romanità.
Photo credit: Rino Barillari