Altro che “na tazzulella ‘e cafè”, si dovrebbe dire “na chicchera de caffè”. Chicchera infatti è “tazza” in dialetto romanesco. Si, perché l’immaginario è cambiato, il caffè non è più solo a Napoli, è anche a Roma. E che caffè.
Infatti, il miglior barista d’Italia è a Roma, precisamente a piazza Fiume. Chi l’ha detto? Non il giornalaio all’angolo, l’ha detto nientepopodimeno che Bargiornale, il celebre magazine che da 40 anni parla del settore horeca e che ogni anno stila classifiche dedicate a locali e professionisti.
Nella classifica di quest’anno ci sono, per farvi capire il livello, Drink Kong come miglior cocktail bar, Ronin a Milano come bar rivelazione, Pulejo in Prati come ristorante rivelazione. Sbadabem.
E come miglior barista d’Italia quest’anno i Barawards 2022 hanno premiato Dario Fociani di Faro – Caffè Specialty e Aliena Coffee Roasters. Un progetto, quello di Faro, che aveva già vinto il premio come miglior caffetteria d’Italia nel 2020. Adesso il bis, dedicato a uno dei proprietari e fondatore.
Parlammo qualche mese fa di Faro, del suo caffè ma anche del suo fantastico format da bistrot internazionale per colazione, aperitivo o pranzo. Un posto che nasce dalla voglia di far conoscere a tutti il caffè specialty, per cui Dario è diventato il miglior barista d’Italia. Ma cos’è ‘sto caffè specialty? E come si riconosce un caffè buono da uno cattivo? E ‘sto caffè specialty i romani come lo vedono? Siamo andati a chiederlo a lui.
Senti Dario, intanto complimenti per il premio, ma vogliamo che ci spieghi cos’è il caffè specialty, come se lo dovessi spiegare a noi mentre stiamo mangiando il nostro secondo Gran Crispy McBacon al Mc di Corso Francia alle 4 di notte dopo una serata al Sanctuary.
Grazie mille innanzitutto. Fa molto piacere, Bargiornale è una rivista importante per il settore ristorazione, fa una grande informazione, sono stato molto contento. Allora, se fossi appena uscito dal Sanctuary ti direi, il più velocemente possibile, che lo Specialty è un caffè che, grazie a una particolare attenzione in fattoria, riesce a essere una bevanda che dà grandi piaceri al palato e nessun problema allo stomaco. Il che è una novità per un prodotto che spesso è connotato solo dal suo sapore amaro e dal fatto che a molti dà fastidio alla pancia. Lo Specialty è un caffè che ha una buona idea agricola alle spalle, non si miscela fra origini e ogni terroir ha sapori diversi. La caffeina c’è, per cui in quel caso la questione è molto soggettiva. Se a qualcuno dà fastidio, meglio un decaffeinato, che comunque può essere di qualità. Inoltre uno Specialty è molto più semplice da bere senza zucchero, perché ha note più acidule e dolci che non necessitano di essere edulcorate. Anzi, spesso con lo zucchero stanno male.
Ok, diciamo che ci è chiaro. Queste sono le caratteristiche tecniche. Noi comuni mortali che non abbiamo fatto viaggi in Brasile o in Etiopia per assaggiare i chicchi con i denti, senza arrivare al caffè specialty, come riconosciamo al bar un caffè buono da quello cattivo? E’ più buono, per esempio, il caffè della moka che ci fa Luigi a San Lollo o le capsule Nespresso che ci fa la filippina di Giacomo, il nostro amico d’infanzia di viale Bruno Buozzi?
Il caffè a casa è un momento sociale, chiunque te lo faccia con piacere ti farà un buon caffè. Quando si è in un locale professionale però è diverso. Comprendere un buon espresso richiede un po’ di tempo e qualche assaggio, il rinnovamento delle tecniche agricole in piantagione è recente e il gusto è stato abituato a un sapore più convenzionale, figlio di un’agricoltura industriale che spesso però dà fastidio al corpo. Prima non si raccoglieva solo il frutto maturo, ma per velocità si raccoglieva meccanicamente qualsiasi cosa, acerbo, marcio, difettato. Si è creata la necessità di tostare scuro per coprire i difetti agricoli, il gusto amaro in realtà è un sapore di cottura, che non dovrebbe essere predominante. Un buon caffè è quello raccolto a mano nel suo momento migliore di maturazione e deve avere delle acidità, una nota amara equilibrata e lasciare una bocca buona, fresca, senza togliere la saliva. Anche il corpo di un espresso fa piacere ma non è essenziale, prima di tutto un caffè deve avere testa. So che è un lato dolente in questo momento storico, ma anche il prezzo fa la sua parte. Meglio bere un caffè in meno, ma berlo meglio. Un buon espresso, che viene da agricoltura sana, non può costare meno di 1,50€ e un chilo di caffè all’ingrosso non meno di 25€. Credo che ci sia bisogno di scegliere con molta attenzione quello che mangiamo. Quello che premiamo con i nostri soldi ha un valore sociale incredibile.
Last but not least, qualche scena iconica di romani alle prese con il caffè specialty? Facci vola’
Più che una scena iconica, nella mia testa da Faro ci sono tanti romani sorpresi dalla differenza del sapore di uno Specialty. Gli occhi della novità sono sempre piacevoli da osservare e noi al bancone, da Faro, ne vediamo tanti. Qualcuno lo ama, qualcuno lo odia, come è giusto che sia, la sorpresa nell’assaggio non coglie tutti preparati alla differenza, ci sta. La vita dietro un bancone è sorprendentemente vivace e se si accetta la diversità della gente può rivelare molte sfaccettature divertenti. Roma poi, con la sua goliardia tipica, ci ha regalato mattine uniche.