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La nuova moda romana: i cocktail a domicilio

“Il problema con il mondo è che sono tutti indietro di qualche drink” diceva Humphrey Bogart. Evidentemente l’attore americano non conosceva la Roma bene, dove questo problema non esiste.

Ci siamo svegliati e, in questo momento in cui tutti stanno guardando “La casa di carta”, ci è sembrato di stare in Black Mirror. Un Black Mirror romano più alcolico che distopico. Una specie di Roman Mirror.

I pallini delle Stories dei nostri following erano tutti viola, ma non di tutti following, solo della A-list dei nostri following. Dal conte con più cognomi di un registro scolastico all’organizzatrice di eventi da Gucci in su, dal discendente dei Kennedy con 30 immobili dentro la ZTL alla rampolla con 3 Papi in famiglia, fino agli artisti che espongono a Tokyo, passando per il vero generone romano. Scelti con una dovizia che neanche il fisco italiano saprebbe applicare. Per dirla geograficamente, un mix tra la Roma Nord di Roma Nord e le famiglie che abitano il centro di Roma da quando era Stato Pontificio.

Tutti a postare foto e video con queste cartelline nere opache con scritto Spirito, shake, pour & taste, che ovviamente nessuno di loro ha tradotto perché sono abituati a stare con ingegneri libanesi che parlano 5 lingue. Noi invece che siamo abituati a stare con i praticanti avvocati che ne parlano 2, e la seconda è il calabrese, siamo dovuti andare su Google Translate.

A Shake e taste, agita e gusta, potevamo arrivarci, ma pour ci mancava proprio. Per qualche secondo abbiamo pensato che potesse significare “povero”, ma poi ci siamo resi conto che era sui profili di persone che pagano la stessa aliquota fiscale di Berlusconi, e siamo andati a cercarlo, imparando una nuova parola in inglese, pour, versare. 

Cocktail a domicilio quindi, anche se dal packaging sembrano più i regali di Bulgari ai migliori azionisti. Ma non ci bastava, questo tam tam sull’Olimpo dei social ci ha incuriosito. Siamo andati a vedere la pagina di Spirito, quella che tutti taggavano, e abbiamo scoperto che dietro c’è una nostra vecchia conoscenza, quel Mario Valerio Nocenzi, ex Roma Centro ormai convertito a Roma Nord, che è stato il deus ex machina del lancio di IQOS in Italia.

A quel punto abbiamo chiuso il cerchio con qualche chiamata, e chiedendo feedback (conosciamo anche questa parola inglese) su Spirito ci hanno risposto con quello che volevamo sentire, un’incetta di “non hai capito”, “superbello”, “megabuono” e altri superlativi che usa solo chi ha avuto almeno un matrimonio in Marocco.

Non si può andare nei locali ma non si rinuncia ai Negroni nelle Ville dei Parioli, i Margarita al sole sugli attici di Piazza Farnese, i Moscow Mule sui terrazzi perimetrali al Fleming o i Whiskey Sour in mansarda a via Margutta. Se la Roma bene non va all’aperitivo, l’aperitivo va dalla Roma bene. Tutti a shakerare i quadratini di Spirito, l’anello di congiunzione tra gli aristofreak del centro e i figli dei primari di Vigna Clara. 

In alcuni ambienti di Roma, anche in queste situazioni, non solo si casca in piedi, ma lo si fa con un cocktail a domicilio in mano. 

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