James Foley era un giornalista statunitense di 40 anni nato a Boston, rapito in Siria alla fine del 2012. E’ morto barbaramente sgozzato con un coltello per mano di un terrorista dell’Isis, in un luogo non precisato del “nuovo califfato”. Il giornalista è stato costretto a tenere un discorso, inginocchiato e con le mani legate dietro la schiena, indossando una tuta arancione che ricorda quelli dei detenuti di Guantanamo.
Foley è stato obbligati a dire: “Chiedo ai miei amici, alla mia famiglia e alle persone care di prendere una posizione e di rivoltarsi contro i miei veri assassini: il governo degli Stati Uniti. Perché quello che mi sta per succedere è soltanto il risultato della loro vanità e del loro comportamento criminale.
Il mio messaggio per i miei amati genitori è di riconoscermi ancora un po’ di dignità e di non accettare una così magra consolazione per la mia morte, dagli stessi che hanno infilato l’ultimo chiodo nel coperchio della mia bara, con i loro recenti attacchi aerei in Iraq.
Mi rivolgo a mio fratello John, membro della Us Air Force. Pensa a quello che stiamo facendo, pensa alle vite che distruggi, incluse quelle dei tuoi familiari. Mi rivolgo a te, John, pensa a chi ha preso la decisione di bombardare l’Iraq e uccidere quelle persone, chiunque siano. Pensa, John, chi hanno ucciso? E hanno pensato a me, a te alla nostra famiglia quando hanno preso quella decisione?
Sono morto quel giorno, John, quello in cui i tuoi colleghi hanno sganciato la bomba su quelle persone, quel giorno hanno firmato la mia condanna. Vorrei avere più tempo. Vorrei avere la speranza di essere liberato e rivedere la mia famiglia, solo un’altra volta. Ma quell’occasione è sfumata. Dopotutto, vorrei non essere americano”.
Poi il terrorista: “Questo è James Wright Foley, un cittadino americano, del vostro Paese. Come governo, siete stati in prima linea nelle aggressioni contro lo Stato Islamico. Avete complottato contro di noi e siete andati ben oltre il tollerabile nella ricerca di ragioni per interferire con i nostri affari. Oggi, le vostre forze armate ci attaccano giorno dopo giorno in Iraq e i vostri raid hanno causato numerosi danni tra i musulmani. Non state più combattendo una rivolta, siamo un esercito e uno Stato riconosciuto da un gran numero di musulmani in tutto il mondo, quindi, in effetti, ogni aggressione nei confronti dello Stato Islamico è un’aggressione ai danni di ogni musulmano sulla Terra che abbia accettato il Califfato come propria guida, quindi ogni tentativo da parte tua, Obama, di negare ai musulmani il loro diritto di vivere sicuri sotto il Califfato, avrà come conseguenza lo spargimento del sangue della tua gente”. Ma il video non finisce, perché il terrorista alla fine del messaggio mostra un altro prigioniero: Steven Joel Sotloff, collaboratore di Time. Anche per lui si teme il peggio.
Il video integrale, per i maggiorenni, lo trovate qui, o qui.