Di Marcello Rubini – La sorte non sarebbe mai potuta essere più ironica di così. Far morire Charles Bukowski il giorno dopo la festa internazionale della donna, ha qualcosa di magico e di non casuale. Vuol dire che gli astri avevano proprio un disegno speciale per quello scrittore. Sembra quasi evidente che niente capiti per caso. E’ sicuro che lui, le donne, le ha amate e ne ha scopate, tante. Esaltazione dell’uomo che non riesce ad amarne una sola, anzi ha rapporti multipli, brevi o lunghi, scappatelle di una notte o vecchie fiamme che ritornano. La storia della sua vita non sarebbe mai potuta essere così interessante senza l’elemento donna, ma anche senza l’elemento alcol, fino ad arrivare all’elemento scrittura. La sua vita si basava essenzialmente sullo scrivere, guadagnando soldi attraverso le letture, bevendo tantissimo e portandosi a letto donne diverse. Questo è il succo di tutto, senza filtri letterari. E’ una vita che vorremmo avere tutti? Forse, è la vita che almeno una volta vorremmo provare a fare. Charles Bukowski è stato la rock star delle letteratura. Non ci sono dubbi. L’ultimo esemplare di scrittore autodistruttivo che trovava piacere nella autodistruzione. Non c’è nessun altro come lui, oggi, neanche uno squallido imitatore.
Ma chi ha letto Bukowski sa che non c’è solo questo (anche se è una bella fetta dei romanzi e poesie). C’è il rapporto con i tempi, che diventano sempre più freddi e più cinici. Tempi in cui si è perso il sapore di tutto. Ecco allora che il bere rimane un’ancora di salvataggio, un appiglio a cui appoggiarsi. E le donne diventano una via di fuga dalla realtà, il più bel gioco per passare il tempo. C’è anche il rapporto con la città, Los Angeles, che già all’epoca dello scrittore era decadente (pensate un po’ com’è ridotta oggi). LA aveva già perso tutte le luci e lo smalto della città del cinema d’oro degli anni ’60. Era diventata una città pericolosa, in cui bisognava stare attenti, specialmente a muoversi nel suburbano o nelle periferie. Una città che stava cambiando, certamente non in meglio, e che stava perdendo le cose che invece la tenevano legata a un passato più felice. Il vecchio scrittore, che già si sentiva vecchio e profondo, si accorgeva di tutto questo e per non pensarci si aggrappava alla bottiglia, e si faceva qualche sua amica. Che c’è di male? Bukowski che sentiva tutto grazie a un’anima sensibile, che capiva tutto grazie a un cervello maturo, sapeva che non poteva fermare la decadenza del mondo da solo, che non poteva salvare la civiltà, e allora cercava il modo migliore per anestetizzare la sua testa, il suo animo, il suo corpo.
Aveva ragione lui, alla fin fine: nessuno è riuscito a salvare o a migliorare il nostro mondo in questi ultimi 20 anni. Oggi tutto può sembrare peggiore, e muoversi a LA è sempre più pericoloso.
Da un punto di vista letterario, l’eredità che ci ha lasciato lo scrittore è importante. Romanzi e poesie che resistono al tempo e rimangono sempre di un’attualità incredibile. Come se tutto sia rimasto a venti anni fa, al giorno della sua dipartita. I suoi lettori continuano ad amarlo, questo è certo. Nel senso che Charles continua a vendere. Ma sono ancor di più le lettrici, e sicuramente questo gli farà ancora di più piacere. Ci sono anche le ragazzine che lo amano grazie alle sue frasi e citazioni, perfette e calzanti per i social network. Ecco forse questo lo scoccerà un pochino di più. Perché, care ragazze, Charles Bukowski era tutto interiore, sentimento e cuore. Non era un esteta, un amante delle mode, come poteva essere D’Annunzio. Anzi, la fama lo faceva un po’ incazzare.
Quindi come si potrebbe celebrarlo oggi? Potreste andare a farvi un giro con il bus, su e giù Los Angeles, nei luoghi dello scrittore, per poi finire a un happening al King Eddy Saloon (“where the young Bukowski came to learn about the world of men”) dove sentirete poesie e potrete trasmettere il vostro amore per “Hank” a tutti gli altri presenti.
Io però farei un’altra cosa. Andrei San Pedro, lì dove è morto il 9 marzo 1994, all’età di 73 anni, e poi al cimitero sulla sua tomba, quella con la scritta “Don’t Try”. Aprirei un boccia di whiskey, ne verserei un po’ per terrà, e infine farei un brindisi.