Di Andrea Bontade – Dal tramonto all’alba, il titolo di un film horror, ma anche l’orario in cui Villa Ada è chiusa. Durante il giorno si fa jogging, i bambini giocano e i cani pascolano, di notte la villa diventa un film dell’orrore.
“A Villa Ada, nelle casette abbandonate, di notte ci sono le sette sataniche”. Quante volte abbiamo sentito questa frase. Pronunciata dai più grandi quando noi eravamo piccoli, e dai più seri ora che siamo grandi. Sembravano e sembrano ancora favole, ma non lo sono. Mica come la leggenda dello Yeti, i satanisti a Villa Ada ci sono davvero, da anni, e per una serie di motivi hanno scelto proprio quel parco per i loro riti di devozione al demonio.
Innanzitutto il quartiere Trieste stesso ha la sua storia legata con il diavolo. Il quartiere Coppedè per esempio, vicinissimo a “Villa”, è intriso di satanismo. L’omonimo architetto era un satanista, e si suicidò a 50 anni dopo aver costruito il quartiere in maniera stramba mischiando vari stili. Lo stesso quartiere dove Dario Argento ha ambientato due film dell’orrore: “L’uccello dalle piume di cristallo” e “Inferno”. Nel secondo, a Piazza Mincio, l’edificio con il graffito a forma di ragno è addirittura la Porta dell’Inferno.
Anche Ammaniti ha scelto Villa Ada come ambientazione nel suo tenebroso “Che la festa cominci”, dove alla fine c’è una sfilza di vip che muoiono ammazzati, come nei migliori racconti dell’orrore. E poi, sarà un caso, ma nella chiesa di piazza Buenos Aires per molti anni Monsignor Milingo ha celebrato messe di riconciliazione ed esorcismi collettivi. Insomma, una zona storicamente legata al satanismo.
Negli anni ’90 e agli inizio dei 2000 ne parlavano tutti delle sette sataniche, Villa Ada di notte faceva paura, poi per un po’ non se n’è più parlato. E invece nel dicembre 2013 un fatto terribile ha riacceso il terrore. I poliziotti si trovarono infatti davanti una scena terribile. Un cane, un piccolo Jack Russel, torturato, carbonizzato e bruciato vivo nel parco. Perchè una tale barbarie? Perchè una tortura con tanta efferatezza? Poi la risposta: era un sacrificio.
“Mi sono convertita a Satana” si legge dentro un corridoio del bunker atomico della famiglia Savoia, accanto ai giardini dell’ambasciata d’Egitto. Accanto, la raffigurazione stilizzata di un sacrificio umano con una didascalia scritta in un alfabeto incomprensibile. E poi: “Evil”, “Satana esige accoliti”, “Lucifero è con te”, uno strano simbolo verde con un cerchio e quattro linee dritte che finiscono a uncino, a metà tra la svastica e la croce di Sant’Andrea. Più avanti una croce rovesciata, e il classico 666, in fondo quattro parole: “La porta dell’inferno”. Sul pavimento, resti bruciacchiati, un frammento di metallo avvolto nella stoffa a cui qualcuno ha dato fuoco e un’arma stilizzata, una sorta di spada rituale intagliata in un bastone. Più in fondo dei lumini votivi spenti.
Molte famiglie di abitanti della zona sono terrorizzate, parlano di cantilene sinistre e di apparizioni spettrali, impediscono ai figli di frequentare la parte alta della villa, vicino all’ambasciata e al maneggio. Non è una leggenda, è tutto vero, i satanisti a Villa Ada ci sono, e proprio accanto allo storico “pratone”, dove dalla primavera in poi centinaia di ragazzi si radunano per studiare, fumare o chiacchierare, compiono i loro riti, i sacrifici e le messe nere.