Di Luca Comerio – Dall’Embassy dei Parioli al Metropolitan di via del Corso, dalla Sala Troisi di Trastevere al Cinema Palazzo di San Lorenzo. Sono ben 42 i cinema chiusi e dismessi a Roma, tutti da recuperare e rigenerare senza farli diventare centri commerciali o locali insulsi. Di pochi giorni fa la proposta del Campidoglio, trasformare le sale abbandonate in centri culturali, librerie, gallerie d’arte, sale per concerti musicali, ostelli, sportelli sociali e artigianato.
L’idea è venuta agli assessori capitolini alla Cultura, all’Urbanistica e alle Attività produttive, Giovanna Marinelli, Giovanni Caudo e Marta Leonori. “Consideriamo gli spazi chiusi una situazione intollerabile – ha spiegato Caudo – Abbiamo fatto, quindi, una ricognizione, non esaustiva probabilmente, con 42 sale dismesse ubicate in particolare all’interno della città storica consolidata, tra cui 28 sale chiuse da oltre 10 anni. Con questo lavoro l’obiettivo è riattivare questi luoghi cercando di capire perché sono chiusi”.
L’avviso pubblico riguarderà le sale già dismesse alla data del 31 dicembre 2012. Le proposte potranno essere presentate dai proprietari o da operatori economici, culturali e sociali, ovviamente previo accordo con la proprietà. Per le proposte il comune metterà a disposizione degli incentivi, sotto forma di riduzione degli oneri a carico della trasformazione e/o incentivi edilizi, e indicati i percorsi procedurali semplificati ai quali possono accedere le proposte di acclarato valore culturale e sociale.
Tutti contenti, tranne gli ex occupanti del Cinema America. Imbestialiti per una deroga proposta dagli assessori, di rivedere la percentuale della funzione culturale dei cinema dismessi, che attualmente parla di “minimo il 50%”. Il Comune vuole abbassarla per una questione di “poca flessibilità”. In questo modo, secondo gli occupanti dell’America, si incentiva “la demolizione e riconversione in attività commerciali e residenziali. Un bando fondato su questi presupposti offre semplicemente un assist alla riconversione in spazi commerciali o abitativi. Oggi è morta la Cultura che giace nelle porte chiuse delle 42 sale, di cui rimarrà solo la memoria a questo punto”.