Dagospia lo definì uno sceriffo, è stato eletto sindaco nel 2012 e da quattro anni fa la “guerra” ai pischelli romani in vacanza a Ponza. Si chiama Pier Lombardo Vigorelli, ma si fa chiamare Piero, è lui il capopopolo dei ponzesi che odiano i pariolini, è lui che ha dato una bella sferzata a una tradizione che dura da quarant’anni: quella dei ragazzi romani a Ponza le ultime settimane di luglio.
Lui, nato in Svizzera, figlio di uno scrittore e di un aiuto regista, ex giornalista Rai e Mediaset, berlusconiano, amico della Santanchè, ex direttore di Verissimo. Appena eletto spinse un barcarolo “perché era abusivo”. Adesso è molto religioso, ha iniziato a credere ai miracoli e ci ha scritto due libri. Lui, con un amore quasi spasmodico per l’isola laziale. Lui che ha chiuso il Frontone e reso il Covo un posto per aperitivi, lui che, diciamolo, da quando è sindaco ha reso Ponza un posto meno divertente.
La lotta alla movida ponzese è iniziata da subito, simile a quella che ha reso Port’Ercole e Porto Santo Stefano due posti di villeggiatura per anziani. Anche Ponza sta diventando così, un’isola rinomata in tutta Italia per il divertimento e la spensieratezza, dove da quarant’anni i ragazzi della Roma bene spendono e spandono le ultime due settimane di Luglio, ormai è tutto cambiato. Un tempo al Frontone c’era un bar rinomato, adesso ci stanno i bagni chimici, così per dire.
La settimana scorsa Pier Lombardo ha ricordato il cambiamento scrivendo una “disposizione speciale”, condivisa anche su Facebook, in cui ricordava le regole da rispettare per controllare l’afflusso e il comportamento dei “pariolini”. Rimembrando che: le camere non possono essere affittate e minorenni, l’alcol non si vende ai minorenni, i minorenni non possono affittare barche, e che le ultime due settimane le forze dell’ordine faranno straordinari.
Il sindaco-sceriffo aggiunge anche che bisogna fare come i locali che sono attenti a “impedire che chi ha alzato un po’ il gomito, non alzi anche la testa”, tutti a testa bassa quindi, come vuole lui.
I due episodi al centro delle polemiche negli ultimi anni sono stati due. Quello del famoso autobus in cui, scrive Repubblica, i ragazzi “volevano veder morire l’autista”, mentre in realtà era il classico coro “e se famo l’incidente muore solo il conducente”.
Era l’estate 2014 e un ragazzo di 17 anni finì in elicottero all’ospedale di Latina in piena notte per l’incrinamento di due costole e la sospetta perforazione di un polmone (poi rivelatosi solo un versamento), altri due minorenni rimasero feriti. Quella notte l’autobus che partiva dal Covo era pieno zeppo di ragazzi che goliardicamente facevano cori. “A un certo punto un ponzese ci ha detto di stare zitti tirando fuori un coltello, a quel punto i ragazzi hanno fatto gruppo per cercare di fermarlo e si è scatenata una rissa. Una volta finita la zuffa del ponzese di cinquant’anni contro qualche ragazzino di 15-16 anni, il ponzese è tornato sull’autobus dove erano rimasti dei ragazzi con le loro fidanzate e lì ha aggrediti, facendoli finire all’ospedale”. Questo il racconto di un testimone.
Il secondo episodio è avvenuto invece quando un ponzese ha aizzato una rissa solo perché uno dei romani aveva dato del “bastardo” al cane, che di bastardo si trattava.
Insomma, sicuramente qualche ragazzino troppo esagitato c’è tra le migliaia che sbarcano a Ponza ogni estate come facevano i loro genitori prima di loro da quarant’anni a questa parte, ma non per questo bisogna osteggiare con questo fervore una tradizione storica per i romani che oltretutto in due settimane arricchiscono non poco l’isola laziale. Più che boicottati andrebbero controllati, ma evidentemente il controllo non fa così notizia e costa troppo. Quest’anno ci saranno poche decine di ragazzi, se l’obiettivo era interrompere l’usanza il sindaco ce l’ha fatta, la tradizione, come molte purtroppo negli ultimi anni, è morta.