La grande operazione è vicina. Entro l’anno finalmente, da ottobre, cominceranno i lavori per abbattere i 450 metri del serpente di acciaio della Tangenziale davanti alla nuova stazione Tiburtina, il gigante di rame, cotto e cristallo, la grande astronave che oltrepassa i binari dell’alta velocità progettata da Paolo Desideri. Parola degli assessori alla Cultura e ai Lavori Pubblici, Luca Bergamo e Paolo Berdini.
E così, di fronte alla facciata alta 22 metri, al posto della sopraelevata che cadrà, partirà un bel boulevard pieno di alberi. Ma non è tutto. Il progetto dello smontaggio e del futuro riassetto del quartiere, che si arriadia a raggiera intorno a piazza Bologna, durerà quindici mesi ed è complesso.
Cominciamo con il lavoro dell’abbattimento. Riguarda il viadotto dalla stazione Tiburtina all’incrocio con via Teodorico, e le sei rampe che oggi collegano l’asse stradale alla via Tiburtina, dopo il quale si riqualificherà anche l’immenso piazzale, liberandolo dalla sosta dei bus interregionali, e il tratto che va dalla stazione stessa a Ponte Lanciani.
I lavori, per i quali ora sono stati stanziati 5 milioni di euro, ma ne costeranno nove, dovrebbero andare avanti fino alla fine del 2018. L’avanzamento del cantiere avverrà a tratti, partendo dalla demolizione del primo lotto, rappresentato dalla carreggiata verso San Giovanni, all’altezza di via Teodorico. Sarà poi il turno della demolizione della carreggiata che costeggia la stazione in direzione Olimpico, sempre alla stessa altezza, per arrivare poi ai tratti davanti alla stazione stessa e al piazzale Nomentano, dove sono presenti le grandi rampe e le parti sopraelevate. Nessuna demolizione sarà effettuata con l’uso di esplosivi ma attraverso lo smontamento delle rampe. Gli operai dovranno letteralmente tagliare a fette le travi e le solette, pezzo per pezzo, con il possibile e successivo riuso del materiale. Tutti gli interventi saranno effettuati garantendo il flusso privato e pubblico e la funzionalità della stazione. Ma non è tutto. Anche piazzale Nomentano subirà un intervento di riqualificazione.
E il resto del “serpentone” tra la stazione e Batteria Nomentana? Dovrebbe essere destinato alla viabilità di quartiere, con due corsie, tre rotatorie, parcheggi a raso. Ma ai tempi della giunta Marino fu presentato con grande battage “Agricoltura urbana in Tangenziale – Coltiviamo la città”, il progetto di una lunga lingua verde simile alla ‘high line’ di New York nel Meatpack district di Manhattan, ispirata ai jardins partages di Parigi e ai community gardens di Londra.
Il piano, elaborato dall’architetto canadese Nathalie Grenon, studio Sartogo associati, e sostenuto da Campagna Amica della Coldiretti, prevedeva una striscia ‘green’ lunga 1.700 metri e larga 20, per un totale di 40 mila metri quadri per rimpiazzare la lingua d’asfalto, ormai al servizio del solo traffico locale, con orti urbani, campi di calcetto, tennis e bocce, uno skate park, un vigneto, un meleto sulla rampa di ponte Lanciani, un ‘giardino dei nonni e dei nipoti’, un centro conferenze e didattica e persino un mercato rionale a km 0 con copertura realizzata in fotovoltaico e in vendita i prodotti realizzati sul posto, oltre ad aiuole e parchi a volontà.
Il tutto totalmente autosufficiente, grazie alla raccolta delle acque reflue, alle vasche di fitodepurazione e ai pannelli solari, e completo di pista ciclabile e stazioni di bike sharing. Ora potrebbe riguardare solo la parte di Tangenziale che non sarà abbattuta. Ma sul “sogno verde” dovrà decidere la giunta 5 Stelle.
Fonte: Repubblica