Di Camilla Maria Claps – Nata e cresciuta a Roma nei pressi di San Lollo, scuola e giro di amicizie a Roma Nord. De romano c’ho sempre avuto poco o niente per scelta e un pizzico di rifiuto per questa meraviglia di città. Io a Roma non ce volevo sta! Tanto ho detto, tanto ho fatto; nel giro di poco ho fatto i bagagli.
Di colpo trapiantata a Londra; un’arena piena di leoni pronti a sbranare una ragazzetta di neanche diciotto anni, che in confronto il Colosseo, durante l’epoca imperiale, pareva un luna park per dilettanti. Grande entusiasmo immediatamente represso da una grande fatica nell’affrontare anche un semplice giorno infrasettimanale; la metro e le sue infinite linee tutte colorate, ti perdi e in un secondo ti ritrovi ad Oxford e manco tu riesci a capacitarti di come sia possibile una cosa del genere.
Mentre cerchi la tua “homeway”(così dicono i british, tanto per darsi un po’ di arie) ripensi alla tanto odiata metro romana e le sue (quasi) tre linee messe in croce, che comunque da buona finta pariolina avrai preso si e no due volte in vita tua. Per non parlare del traffico; quando la metro è intasata! In quel caso aprite cielo; Raccordo Anulare de che?! Certo i turpiloqui che escono dalla tua bocca in romano ignorante sono i medesimi, anzi pure peggio perché tanto nessuno ti capisce.
In più, come se 35 minuti bloccata dentro un treno di venerdì sera non bastasse, hai in omaggio full-time eau de british, che ve lo dico a fa, fragranze esclusive per gente raffinata! Dentro di me penso che gira che te rigira eau de Battistini è diecimila volte meglio. Ma ormai ce stai e cerchi di godertela il più possibile, te guardi il Big Ben, The London Eye, fai tre foto e ‘na faccia perplessa perché abituata a vedere i tramonti con in primo piano la maestà der Cupolone non te fa né caldo né freddo.
Mentre t’accendi la ciospa sulle rive del Tamigi insieme alla tua combriccola spagnola ripensi a quando l’estate prima stavi con gli amici di una vita a Piazza Trilussa e con il Tevere da una parte e San Pietro dall’altra, il ponentino che ti scompigliava i capelli e la voglia di andartene. Quanto ti manca tutto questo; adesso che la piega del parrucchiere lello viene rovinata dall’infame pioggia londinese e non sai più come è fatta una maglietta a manica corta o un bel piatto de cacio e pepe. Quella forse ti manca più di tutta la famiglia, degli amici perché in qualche modo la carbonara, la cacio e pepe e la trippa alla romana so’ un modo d’esse, volenti o nolenti te scorrono nel sangue, so una fede che non puoi rinnegare.
Continui ad aggirarti per Trafalgar e Piccadilly con la vana speranza di trovare una minima cosa che ti possa ricordare la città tua, ma niente è tutto maledettamente bello ma freddo, manco un sampietrino per farti ritornare un accenno di sorriso. Il morale te lo tira su un minimo lo shopping da Harrods e Selfridges&Co. Portarsi via tutta Via Frattina e il caffè da Ciampini con la tua migliore amica non ha eguali, ti manca e hai nostalgia pure nel fare lo scanner alle persone per decretare se siano Pariolini, Bori o Burini ripuliti. Ogni tanto ti capita di mettere in atto questa pratica anche in Bond Street senza alcuna soddisfazione, perché tanto gli inglesi si vestono al buio; ma non puoi farci nulla, anche quel modo di fare un po’ arrogante con la puzza sotto al naso ma fondamentalmente bonario, tipico di chi è cresciuto tra Quartiere Trieste e Collina Fleming, nessuno potrà mai levartelo, è una sorta di status symbol, fa parte della tua persona. In questo anche se provi a negarlo, sei tipicamente romana.
E lo sei anche quando per nostalgia ti guardi allo specchio e con soddisfazione noti che ti sei vestita da perfetta pariolina omologata, di tutto punto senza lasciare nessun particolare al caso londinese. Non si sa mai, nel caso qualche amico tuo avesse parcheggiato la macchinetta per un week end e fosse venuto in trasferta. Ma più che per quello lo fai perché ti devi identificare in quella giungla, che rende le persone dei perfetti automi; lo fai perché ti manca conoscere tutti a causa delle chiacchiere di corridoio. Ti mancano addirittura i fine settimana persi tra il Gallo Rosso e Ponte a cazzeggiare, senza trovare una reale occupazione ma ti senti libero da ogni peso, da ogni preoccupazione che va dal 4 a storia alla cazziata di papà perché sei rientrata alle due invece che all’una e mezza. Ti manca pure andare a ballare al Lanificio oppure passare davanti al Piper con Giulia e fatte quattro risate, ripensando a quando ancora quindicenni volevate “sbocciare” ma alla fine della serata non eravate riuscite a prendere neanche un bicchiere d’acqua minerale.
Di ritorno dalle estenuanti lezioni, ti prende il così detto magone ripensando alla tua tanto odiata Roma, alla tua vita da romana de roma fuorisede anche se solo per tre mesi, alle serate quelle belle, quelle vere, agli aperitivi a Fregene così tanto per chiudere la stagione, alle mostre al Chiostro del Bramante, all’Altare della Patria che non t’è mai piaciuto; “copre i fori” dicevi lamentandoti. Metti le cuffie e cominci con “Mamma Roma” di Cranio Randagio e finisci con la compilation di Carl Brave, quasi quasi la tua coinquilina spagnola l’apprezza talmente tanto che decidi di insegnarle qualche verso in romanesco. Il risultato finale si può dire soddisfacente, in quanto gira per casa declamando random “tiè pija”e quando faccio qualche macello in cucina sgrana gli occhi e mi dice “grevesss”(con dodici “s”). A questo punto ti rendi conto che si, sei figlia del mondo e la tua voglia di andartene è lecita ma Mamma Roma sarà sempre pronta ad accoglierti con un maritozzo alla panna e un tramonto trasteverino che ti scardina l’anima.